WHO’S THE BENCH?

Non è ancora terminata la stagione in corso che già si scaldano i motori per la prossima..e noi con loro. Non possiamo non fare una riflessione infatti sul valzer di panchine a cui assisteremo per la stagione 2016/2017. Un valzer assai poco romantico, in cui la musica che sentiremo sarà solo quella dei soldi che scorreranno nelle tasche dei ballerini, con gli appassionati che, come sempre al di là del risultato, saranno pronti a seguire i loro beniamini sotto nuove direzioni tecniche.

La cosa più incredibile, a mio parere, è che sala da ballo principale in quest’occasione è l’Inghilterra, paese assai poco avvezzo al cambio di panchina prematuro, ma che già in questa stagione ancora in corso ha fatto tremare il calcio mondiale con una decisione shock: è stato esonerato Mourinho. Proprio lui. Lo Special One, che impersonava la stabilità tecnica insieme a pochi altri eletti, che ha rivoluzionato il calcio per il modo in cui gestisce lo spogliatoio, che…quest’anno però è partito male. Dalla questione con la sexy Carneiro a inizio anno, agli in370228successi in campionato, alle bizze degli spagnoli, alla vecchia – troppo vecchia – guardia che perde colpi, Mou si è arrampicato in più circostanze su specchi altissimi, fin troppo per uno come lui che ha sempre dimostrato di saper abbattere ogni ostacolo. A poco sono valsi i cori intonati dai tifosi dopo la vittoria dei Blues con il traghettatore Hiddink. Mou nel cuore, ma a casa.

In Spagna danno già per certo che il tecnico di Setubal sarà il nuovo tecnico dello United per il prossimo anno, visto che all’Old Trafford si sono stancati della gestione esasperante di Van Gaal. Anche qui, dobbiamo soffermarci un attimo. Anche io come molti, avevo creduto che il Profeta fosse l’uomo giusto per il dopo Ferguson (ed il disastro Moyes). I Red Devils necessitavano di un tecnico che prendesse in mano la gestione della squadra a 360°,  e Van Gaal ha personalità e carattere da vendere. Per un progetto, servono i giovani su cui puntare, e Van Gaal è noto per puntare ed esaltare giovani rampolli (vedi l’acquisto di Martial). Per tornare a vincere a livello europeo, serve avere un tecnico dalla visione ampia delle cose, e il CV di Van Gaal parla chiaro. Ma forse, e dico forse, il Manchester United è una società talmente presente, un colosso societario talmente strutturato da non potersi permettere una personalità così “di personalità” come lui, che ha spostato addirittura la cena di Natale a fine Novembre perché voleva avere i giocatori in forma per il Boxing Day. Certo, prendere davvero Mourinho equivale a mettersi in casa un altro che, come si dice, non vuole noie, non per niente è un suo discepolo…ma forse, visto come è terminata l’esperienza di Londra, e visto che non è stupido, Mourinho potrebbe entrare con i piedi di piombo, adattarsi, ed essere davvero il sostituto ideale di Van Gaal. Come dire, l’allievo dopo il maestro.

images.jpgLa panchina del Man Utd è meta ambita in ogni caso, e pare che per Van Gaal questo sia l’ultimo anno (come gli successe al Bayern). Rumors d’oltremanica danno come nuovo tecnico… indovinate chi? Manuel Pellegrini. Dal City allo United. Incredibile, ma…improbabile. Per un semplice motivo, Pellegrini non ha la capacità tattica di cui invece necessita il Manchester United. Si vede bene al City: la manovra passa da Toure e Fernando con passaggi elementari, palla a Silva, Sterling, Navas o De Bruyne e poi vediamo che succede. In più, l’assenza di Kompany ha reso la difesa dei Citizens un colabrodo, con interpreti abbastanza discutibili (Demichelis e Otamendi). Per finire, in certe partite il Manchester City è apparso più spento di quanto un umano possa credere, e Pellegrini non ha fatto altro che pettinarsi la folta chioma rimanendo seduto sulla sua panchina. Nonostante tutto, ha passato come primo il girone di Champions, affronterà la non certo irresistibile Dynamo Kiev, è terzo in classifica a -6 dal Leicester e il suo addio è dettato da una logica diversa, di nuovo appeal che si cerca sulla sponda blu di Manchester.

Pep Guardiola sarà il nuovo tecnico infatti del Manchester City. Il Bayern sarà affidato ad Ancelotti. Il buon Carletto è stato scelto per la panchina dei bavaresi. Un ambiente ottimale per lui. Società potentissima, disponibilità economica, elasticità mentale ed un obiettivo chiaro: vincere. L’allenatore giusto. Non c’è dubbio. Ormai Ancelotti ha dalla sua un percorso fatto di successi, dall’Italia, all’Inghilterra, alla Spagna. Un allenatore moderno, che ha sempre assemblato la preparazione tattica tipicamente italiana con il bel gioco. Ordine e spettacolo insieme. Un mix perfetto che a Monaco ben vedono, pur non pretendendolo ossessivamente come, per esempio, succede a Madrid. Alla Casa Blanca, Ancelotti è diventato leggenda con la conquista della Decima, è arrivato Kroos grazie a lui, palleggiatore e genio del calcio tedesco che con Modric portò spesso il possesso palla madridista sui livelli (quasi) del Barcellona, ma, come successe a Mourinho, il pubblico del Bernabeu ha preteso sempre di più. Ancelotti invece troverà al Bayern un clima che potrà essere disposto, per tradizione, a sacrificare il bel gioco in virtù dei risultati se questo non venisse. Difficile pensarlo con i giocatori che ha a disposizione, ma alla fine, come sempre, saranno i trofei quelli che contano. Lui lo sa.

Zidane-Benitez-Real.jpgDicevamo del Real Madrid. Panchina traballante per Benitez, a fronte della terza posizione in campionato, attualmente a due punti dal Barcellona capolista. Ma si sa, lì è cosi. A differenza dei catalani, che dopo il Guardiolismo che ha portato successi su successi, ha, soprattutto, creato un modo di giocare a calcio senza eguali, nella Capitale spagnola, ancora si cerca un’identità. La filosofia merengues, fa’ dei soci del club degli stakeholders che decidono parte del mercato. Ogni anno, una o più stelle, che luccichino come l’oro, e che possono essere pagate a peso d’oro. Zidane inaugurò il periodo dei Galacticos, insieme a Figo e Beckham, e poi tutti gli altri, da Ronaldo a Van Nistelrooy, da Cristiano Ronaldo a Bale. Tralasciando potenziali campioni (vedi Higuain), tutte le stagioni madridiste iniziano con un botto di mercato; poco importa chi sia l’allenatore, che dovrà poi posizionare la nuova stella in uno scacchiere che già annovera personalità eccelse del calcio. Poco importa l’equilibrio tattico, a Madrid si giocherebbe con un trequartista pure tra i pali. Vincere e divertire, il pubblico chiede e pretende questo. Quel signore nella foto, che stringe la mano a Benitez, sembra il designato successore di Don Rafè, che dopo un solo anno (anzi, alla fine del girone d’andata) ha già il futuro scritto. Zidane dovrebbe essere promosso alla guida della prima squadra, lui che quando giocava, vinceva e divertiva (ci si scorda però che a suo supporto c’era un certo Makelele che recuperava i palloni per lui) e che a Madrid osannano in modo quasi religioso, sarà pronto per guidare los Blancos? La Castilla è ora seconda in classifica, ma quando devi confrontarti con palcoscenici ed avversari da prima squadra…le cose cambiano.

Staremo a vedere. Una cosa è certa: gli allenatori di oggi, destinati ai grandi club europei, muovono milioni di euro, con giocatori e sponsor che li seguono. Gli allenatori di oggi hanno personalità forti ed un proprio modo di intendere il calcio. Quindi, anche il pubblico assisterà a qualcosa di nuovo. Che sarà sicuramente interessante da vedere…e commentare.

 

 

WHO’S THE BENCH?

WILLKOMMEN JURG

downloadJurgen Klopp è il nuovo tecnico del Liverpool. Punto. Non bisogna aggiungere altro. Una scelta dovuta, ponderata, ma giusta. Rodgers non era buono. Se ne sono accorti tutti. Nel Maggio del 2012, al centro allenamenti dei Reds i tifosi esposero uno striscione in cui chiedevano al neo tecnico Rodgers “Make us dream”, facci sognare, e fino allo scivolone di Gerrard contro il Chelsea, per poco il tecnico nord irlandese non ci riusciva. Secondo posto e tanti buoni propositi. Ma dopo due anni e mezzo, di sogni realizzati neanche l’ombra, si stava anzi profilando un incubo.

Eppure il 2012 fu un’annata super: la coppia d’oro Suarez-Sturridge a mietere difese download (1)
avversarie e il Capitano in cabina di regia, il regalo Henderson al calcio che conta e la consacrazione di Coutinho, e poi sparkling football e tante emozioni per un club che da ormai troppi anni, non riesce più ad imporsi nell’Olimpo del calcio internazionale, ne, addirittura, in quello ‘solo’ d’oltremanica. 
La strada sembrava essere quella giusta, ma un club che tra il 2007 ed il 2010 cambia tre proprietari con un indebitamento finale di quasi 300 milioni di euro, non può non fare i conti (nel vero senso della parola) con chi invece ha grande disponibilità economica. I calciatori vengono acquistati più come scommesse che come certezze; lampante la cessione milionaria di Torres al Chelsea e l’acquisto di un giovane Suarez dall’Ajax in coppia con Carrol per il reparto offensivo. Gli allenatori scelti senza seguire una logica ben precisa, da Rafa Benitez, che tra l’altro vince moltissimo a livello europeo, a Roy Hodgson, uno dei più sopravvalutati manager di tutta l’Inghilterra, fino all’opzione romantica di Kenny Dalglish. Quando Rodgers viene scelto come nuovo allenatore, la buona esperienza allo Swansea lo mette nella condizione di poter attuare al meglio il suo calcio spumeggiante e ricco di idee brillanti. Inizia con l’ingaggio di Sturridge, attaccante forte fisicamente ma molto più mobile rispetto a Carrol, poi con quello di un piccolo palleggiatore come Allen, fino ad arrivare a ben 31 nuovi acquisti in 2 anni e mezzo.


imagesAndiamo per gradi: come detto sopra, la prima stagione si conclude molto bene, ma al termine del campionato ancora una volta i soldi fanno la differenza. La macchina da gol Suarez viene ceduta al Barcellona, e con i 90 milioni di euro incassati arrivano Lambert, Lallana e Lovren dal Southampton, Can dal Leverkusen, Markovic dal Benfica, Manquillo dall’Atletico Madrid, Moreno dal Siviglia, Balotelli dal Milan. Punti interrogativi a non finire. 6° posto in campionato ed eliminazione ai sedicesimi di Europa League (visto che nel girone di Champions con Real, Ludogorets e Basilea arriva terzo). La stagione successiva, Gerrard lascia la squadra dopo quasi 30 anni (con le giovanili) di onesto servizio. Arrivano altri milioni di pound per Sterling ai Citizens, ed arrivano altri acquisti, Milner, Benteke, Firmino, Ings, Ibe, Origi, SOLO per citarne alcuni, senza alcun criterio e senza trovare mai una quadratura del cerchio. Per esempio, dopo una sola stagione vengono ceduti in varie formule Lambert, Manquillo, Markovic e Balotelli, e dopo 2 mesi, quindi fino ad oggi, la classifica dice 10° posto, a -6 dal City capolista e con una differenza reti di -2. Ma oltre ai numeri, pare che la società abbia finalmente realizzato che l’idea di Rodger non ha ne’ un capo ne’ una coda, anzi, pare proprio che non ci sia. 
I fischi di Anfield, stadio non certo avvezzo a criticare i suoi eroi, hanno forse fatto aprire gli occhi ai proprietari americani dei Reds, scegliendo quindi di esonerare un tecnico il cui motto appare essere il canonico ‘bello ma non brilla’. Bel gioco ma zero risultati. Prendete il City: Pellegrini non è certo un tecnico che fa del calcio champagne la sua arma migliore, ma la solidità della sua squadra ha per ora dato buoni frutti. Certo, ci vogliono i giocatori, ma anche se il Liverpool non ha un budget astronomico come appunto il City, o il Chelsea, o lo United, o l’Arsenal, visto il potere tecnico che in Inghilterra si usa dare agli allenatori, la colpa non può che ricadere proprio su Rodgers, giacché è lui che sceglie chi va e chi viene, chi resta e chi no, chi gioca e chi va in tribuna. L’anno scorso per diverse partite propose un imbarazzante 3-4-3 con Lallana e Can tornanti (uno è un esterno d’attacco e l’altro un centrocampista centrale) e Sterling punta centrale (con Balotelli e Lambert in panchina). Insomma, in due stagioni e mezzo, tanta confusione tecnica e tattica, zero risultati, un gioco bellino ma che non serve a niente, amarezza che prende il posto dell’euforia iniziale per una Kop sempre piena, ma che adesso, di pieno, ha ben altro.

Destino ineluttabile. La scelta di Klopp la scelta giuklopp-addio-borussiasta. Per 3 motivi. Psicologico: è un emotivo, le lacrime di fronte ad un Westfalen Stadion che inneggiava al suo nome quando decise di lasciare il Borussia sono il segno di un manager che prende veramente a cuore il suo ruolo. Organizzativo: da buon tedesco, è un pragmatico, gestisce benissimo i giovani trovando alchimie giuste con i vecchi, basti pensare alla coppia di centrocampo Kehl-Bender, puntando quindi a crescite esponenziali per fare dei rampolli i talenti che impazzano sul mercato (Lewandowsky, Goetze, Gundogan, Reus, Hummels) delle grandi squadre. Tattico: il calcio visto a Dortmund sotto la sua gestione non ha eguali. Possesso palla intelligente, scambi rapidi a centrocampo e verticalizzazioni per gli attaccanti. Pecca in fase difensiva, ma la sua umiltà e intelligenza lo hanno portato a lasciare il Borussia in quanto ‘si era esaurita la linfa’ che lo aveva portato alla conquista della Bunden ed a giocarsi una finale di Champions contro il Bayern. Un periodo sabbatico a studiare il calcio italiano, forse proprio per imparare dai maestri (perché lo siamo) come impostare una fase difensiva di livello, e poi una chiamata che non poteva essere rifiutata.

Il calcio è uno sport in cui confluiscono modernità e tradizione, business e passione, e per chi come lui è considerato già uno dei migliori tecnici europei con soli 6 trofei nazionali alzati in Westfalia, per i motivi di cui sopra, questo matrimonio deve essere fatto. In una piazza da 18 campionati vinti ma dove il titolo manca dal 1990, dove ci sono 5 Coppe dei Campioni, 3 UEFA, 3 Supercoppe europee, 1 Intercontinentale e 30 Coppe Nazionali, non è certo facile arrivare a campionato in corso e con una squadra senza identità, ma il buon Jurgen ha tutte le caratteristiche che servono al Liverpool in questo momento per programmare un roseo futuro.

download (3)Basta avere pazienza, ma in Inghilterra la cultura calcistica è famosa anche per questo, per il sostegno incondizionato e per l’attaccamento alla maglia al di là del risultato. Ad Anfield ancora di più da questo punto di vista, ad Anfield l’attesa ormai la fa padrona da anni, ma ad Anfield..(you’ll) never walk alone.

WILLKOMMEN JURG

AN EYE ON PREMIER – 5 ° GIORNATA

PremierLeagueDopo 5 giornate, rieccoci sul campionato inglese. La Premier League, il campionato più bello del mondo. Il più spettacolare, il più ricco, il più emozionante.
L’occhio cade inevitabilmente sulla classifica prima di tutto. In cima, con 5 vittorie consecutive senza subire reti – e segnandone 11 – il Manchester City, che ha espugnato per 1 a 0 il campo del Crystal Palace con una rete sul finale di un ragazzino nigeriano di nome Kelechi Iheanacho, subentrato a Wilfred Bony all’89’. ineachoIl City ha giocato meno bene del solito. Anzi, per la precisione, non ha proprio giocato, scontrandosi col muro eretto dagli uomini di Alan Pardew, collassato in pieno recupero. Per la verità, la squadra di Pellegrini in queste prime giornate di campionato non ha mai fatto vedere grandi cose a livello di gioco espresso. Tutto si basa sulla solidità della difesa, protetta dai muscoli del centrocampo, e tutto si concentra sulla fantasia, la classe e l’impredivibilità del reparto offensivo. Rafforzati dall’acquisto di De Bruyne e di Otamendi sul finale della sessione di mercato, i Citizens hanno dimostrato di poter vincere anche quando non sanno, paradossalmente, andare oltre le due reti di vantaggio.

Al secondo posto, troviamo una sorpresa. Il Leicester di Ranieri, che ha vinto in casa per 3 a 2 rimontando i due gol subiti in un’ora da un Aston Villa che troppo presto ha concesso campo ai padroni di casa. I Villans infatti hanno commesso lo stesso errore commesso in altre partite passate, ovvero abbandonare troppo presto quel ritmo e quell’agonismo che serve invece per portare a casa il risultato. Tim Sherwood dovrà lavorarci sodo se non vuole essere cacciato da Birmingham prima della fine della stagione. Dal canto suo il nostro Ranieri non può che essere felice, anche se, come sempre, ci va con i piedi di piombo quando gli viene chiesto se la salvezza sia un profilo un pò troppo basso per una squadra come questa. Tutti i torti il buon Claudio non ce li ha, anche perché, per ottenere buoni risultati in una stagione intera, serve una rosa competitiva, e oggettivamente, il Leicester non è certo attrezzato in questi termini.

Manchester United's Anthony Martial applauds the crowd after the English Premier League soccer match between Manchester United and Liverpool at Old Trafford Stadium, Manchester, England, Saturday, Sept. 12, 2015. (AP Photo/Jon Super)

A 10 punti l’accoppiata Manchester United-Arsenal, etrambe vittoriose la prima in casa nel derby del Merseyside contro il Liverpool (3-1), la seconda sempre in casa per 2 a 0 contro lo Stoke. All’Old Trafford gli uomini di Van Gaal devono aspettare il secondo tempo per segnare, apre Blind, raddoppia Herrera, chiude il neo acquisto Martial dopo la parentesi di Benteke per gli ospiti.

Degno di nota, in primis, l’euro gol proprio di Martial, subentrato dalla panchina, che ripaga, almeno nella fiducia e nelle prospettive la montagna di denaro investita dai Red Devils per strapparlo al Monaco. Definito ‘il nuovo Henry’, il ragazzino francese classe ’95 è un talento in crescita, velocissimo e tecnicamente dotato, può giocare da esterno d’attacco, da seconda e da prima punta. Van Gaal è rinomato per puntare sui giovani, e forse, se i tifosi hanno un po’ di pazienza, potrebbe essere lui l’uomo che serviva allo United per affiancare Rooney in attacco. Il Liverpool invece perde il secondo derby consecutivo contro gli eterni rivali, e l’idea è sempre la stessa: manca quel qualcosa in più per il salto di qualità. In termini di uomini, prima di tutto. Ora, per competere su più fronti, ci vogliono rose ben attrezzate; ma non pare che il Liverpool abbia ristrettezze economiche tali da impedire di acquistare 3/4 giocatori degni di nome, ben oltre i vari Ibe, Firmino, lo stesso Benteke (che gioca al posto di Lukaku in nazionale belga, ironia della sorte punta titolare dell’Everton). Soprattutto, manca…la pragmatica.

roberto-firmino-in-liverpool-jerseyI giovani ad Anfield ci sono per dare futuro al club, ma servono giocatori esperti, già formati, che paradossalmente nel calcio di oggi costano meno delle giovani promesse. Rodgers è un buon tecnico, ma manca, e la squadra è il suo specchio, dello step successivo per imporsi. Un pò come il suo collega Wenger, che anche quest’anno difficilmente raggiungerà il traguardo finale da campione. Facile capire il perchè, se esordisci con una sconfitta in casa contro il West Ham, e se prendi, sempre in casa, un punto contro il Liverpool. Troppo facile vincere fuori casa col fanalino di coda Newcastle o approfittare dell’autogol di Delaney nel derby col Palace. download (8)Wenger come sempre da spettacolo; anche contro lo Stoke, l’Arsenal ha creato un’infinità di azioni, raccogliendo il gol della sicurezza solo all’85’ con Giroud. Le prossime 3 partite vedranno i Gunners impegnati nel derby di Londra contro il Chelsea, poi la trasferta contro il Leicester di Ranieri e poi all’Emirates contro lo United. Se non farà 7 punti, sarà il solito, incompiuto Arsenal.

A quota 9 punti, due squadre di Londra, il West Ham ed il Crystal Palace, quest’ultimo, come detto, sconfitto allo scadere dal City. Parliamo degli Hammers. Vittoria agile contro il Newcastle, quest’anno incappato, per ora, nell’annus horribilis. L’allenatore dei Magpies McClaren ha per l’onor del vero incontrato un primo filotto di partite difficili. Ci sta di pareggiare all’esordio contro il Southampton, ci sta di perdere in casa dello Swansea. Il buon punto preso in casa del Manchester United ha reso meno amara la sconfitta contro l’Arsenal, ma almeno un punto in casa del West Ham andava preso. Obbligatoria la vittoria sabato prossimo contro il Wigan, anche perchè poi ci sono Chelsea e Manchester City da affrontare. Prima vittoria stagionale all’ormai in via di demolizione Boleyn Ground, dopo le sconfitte rocambolesche contro Leicester e Bournemouth. Strana squadra il West Ham, se pensiamo alle vittorie in trasferta contro l’Arsenal ed il Liverpool. Il tecnico Bilic è rimasto soddisfatto del risultato per i tifosi “che potranno andare a farsi una birra contenti” ma soprattutto della prova offerta dai suoi e dal rientro sui campi del suo leader offensive Andy Carrol.

download (9)Scendiamo, ed in 2 punti troviamo altre due coppie, Everton e Swansea e dopo Norwich e Liverpool. I Toffies strapazzano il Chelsea, 3 a 1 in casa, con il Goodison Park che ha innalzato ad idolo giornaliero l’attaccante scozzese Steven Naismith; la sua tripletta schianta i Blues che avevano riacceso le speranze dopo la bomba da fuori area di Matic, e porta punti pesanti dopo solo quello raccolto nelle ultime due partite. Roberto Martinez non può che essere soddifatto della prestazione dei suoi, ma la via che conduce all’Europa è assai lunga e difficoltosa. L’impressione è che se venissero a mancare gli uomini migliori, anche non necessariamente tutti insieme, i risultati potrebbero essere deludenti. Questione di ‘attrezzature’…almeno in linea di massima. Ne sa qalcosa Josè Mourinho. Dicemmo subito dalla prima giornata che era troppo nervoso. L’essersi scagliato contro lo staff medico se all’inizio sembrava la sua solita tattica per distogliere l’attenzione dal pareggio inaugurale in casa contro lo Swansea, è stato il primo segnale di uno stato d’animo irrequieto e, per la prima volta, che lascia trasparire una discrepanza tra lui e lo spogliatoio. Appare quasi che non abbia più idee. Una campagna acquisti un pò deludente, basata forze sulla convinzione che un gruppo così solido e unito, possa avere ancora quell’insieme di energie psico-fisiche necessarie per bramare successi. Soprattutto per tollerare la personalità di Mourinho.mourinho_24 Per carità, 5 giornate non sono niente su un campionato intero, 7 punti dal City (il Chelsea ne ha 4) non sono un abisso, c’è la possibilità che il Chelsea punti tutto sull’Europa, ma l’idea iniziale è di un gruppo saturo e poco versatile, soprattutto in termini di modulo. Abbiamo tutti fiducia in Mou, ma anche l’obiettivo Europa, in questa sistuazione, appare assai arduo.
Norwich e Swansea stanno facendo un campionato nella media. I punti raccolti fino ad ora lasciano presagire un futuro roseo in termini di salvezza, così come per Watford e Southampton (6 pt) e WBA (5 pt).
Capitolo a parte il Tottenham, a quota 6 punti. La prima vittoria in campionato di domenica in casa del Sunderland arrivata all’82’ grazie a Mason ha dato una boccata d’ossigeno a Pochettino, anche se la sua panchina traballa come non mai. Analizzando i giocatori, appare prima di tutto imbarazzante il rendimento di Kane, anocra a quota zero reti. Lamela non decolla (pochissimo impiegato), Ryan Mason, Son Heung-Min, Eric Dier, Dele Alli, Nacer Chadli sono buoni giocatori se messi in contesti diversi, ma per ambire alle top four, siamo anni luce lontani. images (2)I padroni di casa invece stanno affogando in fondo alla classifica con 2 soli punti, con Advocaat che è si a rischio ma che ha dalla sua un solo match difficile nelle prossima settimane, contro il Manchester United, poi già tutti scontri diretti per la salvezza. Il buon olandesone ha dalla sua anche la fiducia della società, ma sembra che anche la squadra stia andando contro il tecnico.
See you early footballaddicted, ecco qui di seguito il prossimo turno di domani e domenica. Occhi puntati sul lunch match di Londra. Prossimo appuntamento per fare il punto della situazione alla 10^ giornata.
Chelsea – Arsenal, Aston Villa – West Brom, Bournemouth – Sunderland , Newcastle – Watford, Stoke – Leicester, Swansea – Everton, Man City – West Ham, Spurs – Crystal Palace, Liverpool – Norwich, Southampton – Man Utd.

AN EYE ON PREMIER – 5 ° GIORNATA

JUVENTUS, ANNO 0

Juve Serie B twb22.blogspot.com -----621Sono passati 10 anni quasi da quando la Juventus è tornata in Serie A. Dopo il terremoto di Calciopoli, la Vecchia Signora ha concluso la stagione 2014/2015 con la finale di Champions League. Un cammino glorioso, senza dubbio, soprattutto se consideriamo il potere economico che detiene paragonato a quello dei grandi club europei che spadroneggiano in questa competizione.
Dopo la promozione dalla Serie B, in corso Galileo Ferraris si sono alternati allenatori, giocatori, dirigenti. Risultati altalenanti, grandi promesse, false speranze, sulla base di un cuore e di un amore grande così tra i tifosi ed i colori bianconeri non sempre corrisposto, per inefficienze ed inefficacia degli addetti ai lavori.

agnelliIl grande salto di qualità? La ri-affermazione prepotente della famiglia Agnelli e la costruzione del nuovo stadio, di proprietà. Investimenti in termini di persone e di strutture. Investimenti fatti seguendo la tradizione della Famiglia e al tempo stesso con uno sguardo rivolto al futuro, degno dei migliori club europei.stadium

Del Neri, Zaccheroni, Ranieri, sono solo ormai lontani ricordi, che i tifosi certo non rimpiangono. L’amarcord è per il Capitano, per Pavel Nedved, per David Trezeguet, eroi fedeli che oggi immaginiamo con nostalgia al fianco di chi c’era…e c’è sempre: Buffon, Chiellini, Marchisio. Simboli di una Juventus che ha lottato per riaffermasi, che ha smentito sul campo chi rinfacciava sempre le solite cose, con appellativi bambineschi tipo “Rubentus” (è quello che mi fa più ridere). Mirabili invenzioni, quando in campo hai Thuram, Emerson, Cannavaro, Vieira, Camoranesi, Zambrotta, Ibrahimovic oltre ai sopracitati, e quando il tuo allenatore è un certo Don Capello.n_juventus_campioni_ed_ex_giocatori-4485722

Ma si sa, il calcio è di chi lo segue, di chi ne parla, di chi ne scrive. Si va avanti.

Oggi l’albo d’oro del calcio italiano parla di 4 scudetti vinti consecutivamente e delle coppe nazionali, parla di un blasone riacquistato, parla di un piano di investimenti per aprire un’altro ciclo. Un’altro, il terzo, dopo quello del ritorno in Serie A e dopo quello di Pirlo, Vidal e Tevez con Antonio Conte in panchina. Mica semplice, quando vincere…è l’unica cosa che conta.
conteLa coppia Marotta-Paratici fino ad ora ha fatto un lavoro egregio. Ha scommesso su Vidal prima, Morata e Pogba poi, ha rivitalizzato Barzagli, ha investito su Pirlo, Tevez, due certezze, ha azzeccato i vari Pereyra, Asamoah, Evrà. Tre anni con Conte per tornare ad essere leader in Italia, battendo record su record ed aver ridato linfa vitale ad una squadra che “veniva da due settimi posti”. Il tecnico giusto – Allegri – per cambiare mentalità, senza stravolgimenti, ed essere protagonisti in Europa, dopo un solo anno, con una finale persa con la più forte squadra del mondo.

tevezvidalpirlo

Poi? Devi cambiare. Ti viene imposto dall’età (Pirlo), dai sentimenti (Tevez), dal business (Vidal). Ti viene richiesto dal ciclo naturale degli eventi: dopo 4 anni al top, alcuni giocatori simbolo non ci sono più, e ne servono altri. Pronti per vincere ancora e da subito o da far crescere? Bel dilemma, ma una scelta va fatta. Il tifoso si esalta per Mandzukic, ex Bayern ed Atletico, e vorrebbe Goetze, già consacrato giovanissimo campione del mondo. Lo sportivo invece accetta Khedira a parametro zero e vede bene l’investimento su Dybala. Rugani è ben voluto da ambo le parti, cresce con i pilastri della difesa, tra un anno lo si aspetta per l’affermazione. Lemina idem, indipendentemente dal momento in cui è stato preso. Le domande che sorgono si rivolgono ad altri: Alex Sandro, per i soldi che è stato pagato, Zaza, per il ruolo che gli viene assegnato, Cuadrado, per la necessità tattica presunta visto il 4-3-1-2, Coman, prestato quando poteva essere un’opzione col colombiano appena citato in un 4-4-2, 4-3-3 o 4-2-3-1, Llorente, epurato a 0 euro per risparmiare sull’ingaggio, Hernanes, ultimo nome disponibile in termini di qualità prezzo per il fantasista.

Così come le domande sorgono spontanee, anche le opinioni vengono a galla: dal momento che Allegri arriva a Vinovo, si sa per certo che per applicare il suo modulo la prima necessità sia il trequartista, il 10 che tra le linee salta l’uomo, innesca gli attaccanti, accende il gioco, spezza il campo. Se non si prende nel 2015, per il 2016 deve essere il must. Sneijder, Mkhytarian, Goetze, Pastore, Ozil, Draxler, Eriksen, Oscar. Nessuno di loro, ma arriva Hernanes; per carità, tecnicamente non si discute, dal punto di vista societario buon colpo, ma per gonfiare il cuore del tifoso ci vogliono acquisti come furono Zidane o Nedved. Un altro Diego? Non crediamo visto che già da un po’ gioca in Italia, ma tutto sommato ci aspettavamo proprio in quel ruolo l’acquisto del vero top-player. Non si stanno quindi, almeno da parte mia, discutendo le manovre di mercato in se’ per se’, ma la linea che si sta cercando di prendere. Soprattutto alla luce delle cessioni fatte. Come dire che, in primis, dopo il ritorno in finale di Champions, i tifosi si aspettavano di rinforzare la squadra; in secundis, visti gli addii eccellenti, già pronti degli sostituti con la S maiuscola. Questo è quello che rende, non dubbiosi – per carità – ma perplessi si.
Pazienza è la parola chiave. Da parte dei tifosi, da parte di tutti. Pazienza e fiducia. Nei giocatori, nell’allenatore e nella società. Pazienza perchè il nuovo ciclo parte con certezze (la vecchia guardia, Mandzukic attaccante navigato, la fame di vittoria che non cessa mai), fiducia perchè nei giovani bisogna – sempre – riporla e perchè, come si dice, chiusa una porta, si apre un portone. Dopo 4 anni, tra chi nega che ci sia un anno di transizione e chi invece lo vede come ineluttabile, ci sta comunque che si cerchino nuove vie, si fissino nuovi orizzonti, si percorrano nuove strade. Certo è che se si profilasse per la prossima stagione l’ipotesi di eventuale recompra di Morata da parte del Real Madrid, e magari una cessione in grandi soldi di Pogba, quest’annata dovrebbe comunque terminare con qualcosa di sostanzioso. Quantomeno in termini di progetto, e su quella stregua le due cessioni dello spagnolo e del francese porterebbero fondi da investire, con criterio e per un fine ben preciso. Anche perché il rischio che si corre è di vedere perso un lavoro fatto ad hoc in questi 4 anni. Ripeto, fiducia e pazienza, pazienza e fiducia. Per una stagione, non per tante altre.
Una cosa è certa: che la società sta lavorando, per il bene della Juventus, per il bene dei tifosi. Ha dato prova di serietà e di oculatezza, ha saputo investire, ha raccolto ed ora sta riseminando. Pazienza e fiducia, l’anno zero della Vecchia Signora comincia adesso.

JUVENTUS, ANNO 0

AN EYE ON PREMIER – 1° GIORNATA

PremierLeagueCi siamo, la Premier League è iniziata. Il campionato più bello del mondo anche quest’anno promette spettacolo, e, come sempre, non mancheranno le sorprese. Il calcio d’oltremanica ogni stagione rivendica lo scettro del potere in termini di passione, di popolarità ed eccezionalità dei campi, dei protagonisti, dei tifosi.

Sabato 8 Agosto l’Inghilterra ha aperto le danze per la stagione calcistica 2015/2016. E come sempre, le cose da dire sono moltissime.

wengerIniziamo con la clamorosa sconfitta interna dell’Arsenal contro il West Ham. Uno dei derby più sentiti del calcio britannico ha visto protagonisti in positivo due ex della nostra Serie A, Mauro Zarate (che ha segnato il secondo gol per gli Hammers) ed Angelo Ogbonna; di contro, un flop che ha inciso negativamente sul risultato, ovvero Petr Cech. Pensare che Wenger lo aveva chiamato per fare il salto di qualità in un ruolo, quello del portiere, che per i Gunners è sempre stata una croce; per carità, c’è da credere che si rifaccia, ma intanto ieri non è stato meglio del peggior Almunia, Mannone e Fabiansky di questi anni. Certo, al Chelsea giocava con Terry, Ivanovic, Carvalho a protezione (a loro volta coperti da Essien, Makelele, Lampard) e non con Mertesacker, Koscielny, e 15 metri più avanti Cazorla, Flamini o Coquelin. Ma è stato specchio di un Arsenal distratto, passivo e lezioso di fronte ad un West Ham che ha corso, menato e fatto, alla fine, il colpaccio. Gli Hammers invece, forse una delle poche squadre che ancora oggi gioca con e per il cuore e non i soldi, si sono mossi bene sotto le direttive di Mister Bilic, ed hanno meritatamente vinto. Ennesima figuraccia per i londinesi del North Side, che avevano però iniziato bene la stagione con la vittoria in Community contro il Chelsea.
1425664655Proprio i Blues ieri hanno steccato (a metà); 2-2 contro lo Swansea tra le mura amiche di Stamford Bridge. Ayew e Gomis hanno destato ben più di una preoccupazione ai campioni in carica. Caso strano, anche ieri il portiere è stato l’ago della bilancia del risultato. Courtuois è stato espulso e i gallesi hanno pareggiato, ma al 55′, ed il Chelsea non può non vincere la partita. Inutile che Mourinho se la sia presa con la bellissima Eva Carneiro per aver costretto Hazard ad abbandonare il campo; certo, come sempre il Mou ha abilmente spostato l’attenzione della mancata vittoria su qualcos’altro, un caso di pseudo gossip con cui i tabloid inglesi vanno a nozze. Ma è un dato di fatto che senza la classe di Oscar (sacrificato ad uscire per far giocare il secondo portiere Begovic) e poi quella di Hazard, ritenuto non idoneo a proseguire la partita, il solo Fabregas ha potuto fare ben poco per accendere la luce del Chelsea. Che la prossima partita affronterà il City in trasferta.
images (1)Inizia bene, e vediamo per quanto proseguirà, il Liverpool, che espugna il Britannia Stadium sotto gli occhi del neo acquisto dello Stoke, Xerdan Shaquiri.
I Reds di Rodgers, rinforzati con acquisti del calibro di Benteke e Milner, devono aspettare oltre 80 minuti per conquistare i 3 punti, con il solito Coutinho che ancora una volta dimostra di essere anni luce distante da quello visto nell’Inter. Certo l’idea è che al Liverpool manchi sempre qualcosa per affermarsi tra le top 4 della Premier: un sostituito di Gerrard (impresa assai ardua) ed un centrale difensivo di livello sarebbero il minimo. In più, il tecnico pare spesso avere le idee poco chiare per la scelta del modulo da adottare; l’anno scorso ha proposto più volte una difesa a 3 che ha evidenziato grandi problemi, soprattutto per la mancanza di esterni che sapessero fare le due fasi come questo modulo richiederebbe. Vedremo quale sarà la strategia che userà quest’anno.

download (7)Sempre la città di Liverpool, sponda blu, sponda Everton. In casa pareggia 2-2 contro il neo promosso Watford, squadra di proprietà della famiglia Pozzo. Passano in vantaggio proprio gli ospiti, che poi si inchinano al talento di Ross Barckley e, nuovamente in vantaggio, subiscono il secondo pareggio a 4 minuti dalla fine. Partenza quindi non eccelsa per i Toffies, che si aggrappano alle scusanti del tecnico Martinez sulla mancanza di tre/quattro innesti. Bene invece il Watford, il cui tecnico Sanchez Flores ha preso un punto prezioso su un campo tradizionalmente ostico per tutti e che ha messo molto bene in campo la squadra.

1363997004316Rimaniamo nella contea del Merseyside, a Manchester. Città in festa su entrambi i lati, con lo United che vince 1-0 in casa contro il Tottenham e con il City che travolge il WBA fuori casa per 3-0. I Red Devils quest’anno sono chiamati a compiere l’annata. Van Gaal ha preteso Schneiderling e Schweinsteiger in mezzo al campo, ha voluto un Orange di belle speranze, Depay, ha intravisto in Darmian il nuovo Gary Neville. Proprio lui è stato il migliore in campo, alternando bene la fase difensiva a quella offensiva. Un autogol ha condannato gli Spurs, che hanno fatto una partita comunque veramente pessima. Lo schema ‘palla a Kane poi vediamo’ ha mostrato gli stessi problemi dell’anno scorso, ovvero un’identità di gioco. Eriksen largo sulle fasce continua a non trovare la lucidità che la sua classe gli ha concesso, a centrocampo sono tutti buoni giocatori, ma il dopo Carrick è ancora un lontanissimo miraggio. In attacco un solo uomo degno di livello, gli altri gregari in aria di cessione (Adebayor su tutti) e in difesa l’acquisto di Alderweireld la dice lunga sulle ambizioni del Tottenham. C’è da chiedersi cosa passi nella testa di Pochettino: finora molta molta confusione. Tentativi davvero scarsi, velleitari per impensierire l’altro acquisto del Mancs, Romero, l’ex portiere della Samp. Non si fermerà qui, comunque, il mercato dello United, anche perché la partenza di Van Persie ha lasciato un vuoto da colmare in quel ruolo, e in difesa un difensore leader serve; a dire il vero, i tifosi dell’Old Trafford già dall’anno scorso ritenevano fosse proprio quello il primo acquisto da fare; sabato Blind ha affiancato Smalling, ma Evans, Mc Nair, Blacket e Jones appaiono poco più che buoni giocatori, quindi, se il Manchester quest’anno volesse ambire al titolo, un acquisto in quel reparto sarebbe ottimale. Grandi manovre quindi, follie per certi aspetti, ma con Van Gaal si sa, c’è da aspettarsi di tutto (Di Maria ne sa qualcosa). yaya_toure_2

Chi invece si è mosso stranamente poco sul mercato, è stato il Manchester City. Dopo aver rinnovato la fiducia a Pellegrini e allungato il contratto di Yaya Tourè, sono stati spesi più di 60 milioni di pound per Sterling del Liverpool, a fronte però di due cessioni, Jovetic e Dzeko. Confermato poi tutto il gruppo della scorsa stagione, che, ovviamente, è partito benissimo. Doppietta dell’ivoriano, gol di Kompany, soprattutto prova di forza, tecnica e solidità. Aguero e Nasri solo a partita in corso, come a dire che non ci sia certo bisogno di ulteriori innesti per spodestare il Chelsea. Che sabato arriva all’Etihad Stadium.

claudio-ranieri-leicester-cityGuardiamo la classifica e vediamo a punteggio pieno anche il Leicester, allenato da Ranieri. Il mite Claudio ha preso questa neo promossa mettendola in campo col suo canonico 4-4-2, conoscendo forse 1/4 dei giocatori a disposizione e ancor meno la lingua inglese, ma vincendo per 4-2 contro il Sunderland di Advocaat. Il marchio di fabbrica del tecnico italiano, difesa robusta, spazi chiusi, squadra corta, ha funzionato; in ottica salvezza dunque fa ben sperare. Dal canto suo, il Sunderland sperava certo in qualcosa di meglio: le reti di Defoe e Fletcher hanno evidenziato come l’esperienza serva sempre nei reparti, ma poco possono fare se la difesa concede 4 reti ad un avversario tutt’altro che votato al gioco d’attacco.

Graziano Pellè of SouthamptonChiudiamo con uno sguardo verso il Nord dell’Inghilterra. Bella partita tra Newcastle e Southampton, 2-2 finale in una partita combattutissima e poco spettacolare dal punto di vista del gioco ma tutt’altro che monotona in termini di ritmo ed agonismo. Per i padroni di casa, che dopo l’era di Shearer non sono mai andati oltre la metà della classifica, il tecnico McLaren ha contato sulla corsa di Cissè in attacco e sul dinamismo della new entry Wijnaldum proveniente dal PSV: proprio loro hanno segnato il pareggio ed il vantaggio dei Magpies. Il Southampton invece apre le danze con il solito Graziano Pellè, che tanto farebbe comodo a certe squadre italiane, e pareggia con un sostituto dalla panchina, Shane Long. Intuizione quindi di Koeman, che parte bene con questo punto in trasferta.

Cade in casa il Norwich, contro il Crystal Palace. 1-3 il risultato finale. Alan Pardew, allenatore dei londinesi, ha fortemente voluto il metronomo di centrocampo Cabaye dal PSG, che ha, tra l’altro, siglato l’1-2. Pensare che nei primi 20 minuti il Norwich era partito bene, ma, come ha dichiarato l’allenatore Neil, il calcio conosce solo una legge, quella del gol. Se giochi bene ma non segni, perdi.

Mobilitazione di massa dalla città di Birmingham per seguire la vittoria fuori casa dell’Aston Villa. Nel Sud dell’isola, a Bournemouth, i Villans passano 1 a 0, a discapito di una partita gestita interamente dei padroni di casa. Come sopra, cinta chi segna, non chi gioca bene.

See you next week allora, con questo programma tutto da vedere e di cui parlare:

Aston Villa – Manchester United,   Southampton – Everton,   Sunderland – Norwich,   Swansea – Newcastle,   Tottenham – Stoke,   Watford – WBA,   West Ham – Leicester,   Crystal Palace – Arsenal,   Manchester City – Chelsea,   Liverpool – Bournemouth.

AN EYE ON PREMIER – 1° GIORNATA

C’ERA UNA VOLTA IL CALCIO ITALIANO

1408257_smallHo messo recentemente un ‘like’ sulla pagina Facebook “SERIE A: OPERAZIONE NOSTALGIA”, dove vengono postate foto di grandi ex calciatori che giocavano nel nostro campionato. Erano gli anni d’oro del calcio italiano, erano gli anni in cui le squadre italiane primeggiavano in Europa, erano gli anni in cui il nostro torneo era una vetrina importante per i calciatori che volevano affermarsi. Oggi? Solo riflessi. Solo sbiadite immagini di un calcio che qualitativamente non esiste più. Il calcio delle ‘7 Sorelle’, il calcio delle ‘bandiere’, il calcio che tanto ci rammarichiamo non ci faccia più sentire orgogliosi.

download (4)Come e perché sia cambiato credo di saperlo: il ‘Dio Denaro’ è il ‘Grande Artigiano’ che controlla e decide. La crisi economica che attanaglia il mondo intero, ha nell’Italia un bersaglio fragile e facile, visto che siamo noi i primi a non sostenere, mentalmente e fisicamente, un processo di ripresa. Così, anche se il calcio è una macchina in cui i soldi certo non mancano, se paragoniamo la nostra Serie A ad altri campionati europei, ciò che vediamo è un torneo, il nostro, con stadi mezzi vuoti e vecchissimi, giovani calciatori schiavi dei procuratori, stelle cadenti che prendono l’Italia come ‘una botta di vita’; dall’altra, giocatori supereroi, stadi che scoppiano di persone, aitanti giovani che rimpinguano i serbatoi delle nazionali del loro paese.

Aldair0001Programmazione, mentalità, investimenti: queste le parole del successo che hanno adottato molti club stranieri. In Italia, solo la Juventus, attualmente, ha saputo farlo; l’Inter, nonostante un bambolotto con gli occhi a mandorla che di calcio vorrei sapere che ci capisce, lo sta facendo, così come la Roma, che sebbene non riesca ancora a scrollarsi di dosso l’appellativo di ‘eterna seconda’ sta investendo nel modo giusto. Il Milan invece si è svegliato solo quest’anno dal sonno quasi trentennale, e glorioso per carità, del duo Galliani-Berlusconi. Le altre? Questione di soldi, ancora una volta. La Lazio ha uno strozzino di nome Lotito che venderebbe pure sua madre, il Parma vediamo tutti da dove ripartirà dopo che Ghirardi si è mangiato anche l’erba dei campi da allenamento, la Fiorentina ha un progetto il cui obiettivo finale ancora non ho ben chiaro. Personalmente, salvo, in parte, il Napoli, che galleggia tra la megalomania del suo Presidente e la mancanza di mezzi, oggettiva, per saziarla.

Asprilla2_MGzoomEppure, i famosi anni d’oro del nostro calcio, ovvero dagli anni ’80 al 2006 (scelgo quest’anno perché la vittoria del Mondiale ha segnato il reset qualitativo del nostro campionato) dicevano di un Parma in Coppa UEFA, della Roma Campione d’Italia, del Napoli di Maradona, del Milan degli Immortali, della Juve di Lippi, della Lazio di Cragnotti, della Fiorentina di Rui Costa e Batistuta, dell’Inter di Ronaldo. Oggi sembrano favole, leggende addirittura. Più forti di tante altre squadre che oggi dominano certi campionati, a detta non certo mia, bensì di grandi maestri del calcio che hanno vissuto parte di quegli anni e che oggi sono ancora in scena.

tumblr_m8dro0fzXm1qmyf06o1_400Il calcio è cambiato per via del cambiamento che alcuni club hanno adottato dopo aver attraversato un punto di rottura. Esempio, la Germania. Dopo l’Europeo del 1996,dove la generazione di Bierhoff, Moeller, Effenbergh, Sammer non aveva più niente da dare, hanno investito sul settore giovanile e sullo sviluppo del brand e del merchandising, su stadi più confortevoli. Risultato: oggi la Bunden è un campionato spettacolare. Campi meravigliosi, stadi pieni, giovani tra i migliori al mondo. Ovvio, ancora una volta, il denaro fa la differenza, solo il Bayern vince e rivince, ma la Nazionale tedesca ha vinto il Mondiale meritatamente, alcuni giocatori erano già presenti nel 2006, chissà quanti lo saranno, come protagonisti e non comparse, nelle manifestazioni future.

weah4Altro esempio la nazionale spagnola. Idilliaca nel gioco e negli interpreti con il Barcellona di Guardiola, ha aggiunto la garra dei giocatori del Real Madrid di Mourinho, ed ha vinto due Europei ed un Mondiale. Certo, non possiamo aprire una parentesi sulla Liga, che è secondo me un campionato di basso livello, ma sulle due squadre più importanti della Spagna e tra quelle europee e oltre, si. L’occhio si sofferma sulla gestione di questi due club. A Madrid la squadra è una polisportiva gestita da soci, che versano una quota associativa di 150 euro annui, in cui la catena che muove il meccanismo è semplice: soldi=vittorie=soldi=vittorie. Stesso discorso per il Barcellona. 175000 tra soci e stakeholders che versano denaro e godono concretamente ed emotivamente dei successi del club.

signori_620x410In Inghilterra, paese che prospera economicamente, la magnificenza della Premier League ha attirato grandi investitori (Mansour ed Abramovic) che hanno portato altrettanto grandi quantità di denaro nei club, messi perciò nella posizione di poter investire nei calciatori più bravi. Nel Manchester United, altro esempio, gli introiti sono forniti da fondi d’investimento stranieri che, appunto, investono nel club. Il grande seguito popolare, a livello di presenze allo stadio e della vendita del merchandising, sono stati i presupposti per portare denaro sonante nelle casse dei maggiori club inglesi.

Quindi, quali sono i motivi per cui il calcio italiano è declinato, e sta inesorabilmente continuando a farlo? Li metto in ordine sparso, vedete voi quali sono il primi e l’ultimo:

1- STADI: la scandalosa speculazione che ha portato alla costruzione degli stadi per i Mondiali del ’90 viene tutt’oggi pagata non solo in termini economici ma anche…plateali. Stadi da oltre 60.000 spettatori riempiti meno della metà, strutture fatiscenti che risalgono addirittura ai tempi del fascismo, che, al di là dell’evento calcistico, non possono essere sfruttati per altro. Negozi e ristoranti, centri ricreativi e di aggregazione sono invece fonti di introiti e di partecipazione che aumentano notevolmente i benefit dei club. Senza contare il fatto che uno stadio deve essere di proprietà dei club; molti costi, ma anche entrate.

2- POLITICA: in senso stretto, nel senso di mancanza di supporto da parte delle Pubbliche Amministrazioni nell’agevolare le squadre di calcio in termini di concessione di strutture e di chiusura nei confronti di possibili investitori che, ovviamente, cercano un riscontro economico sul territorio; in senso lato, nel senso che la diceria “in Italia comandano gli Ultrà” è un dato di fatto. La politicizzazione delle curve in Italia non permette alle società di crescere, giacché senza tifosi il calcio perde parte della sua spettacolarità e perché numerosi sono stati i sabotaggi che certi club hanno subito.

3- SETTORE GIOVANILE: l’Italia è un paese per vecchi. I giovani italiani sono schiavizzati da squali procuratori che preferiscono mandarli all’estero e guadagnare piuttosto che farli crescere in Italia. In termini imprenditoriali questa logica ha senso, in termini sportivi si ottiene una nazionale mediocre e priva di giovani rampanti. Almeno un numero tale da far ben sperare. La realtà ci dice che molti club schierano ragazzi provenienti da paesi assurdi, e sfido chiunque a negare che in Italia non ci siano ragazzi altrettanto bravi. La realtà ancora più allarmante è che spesso vediamo squadre che non hanno neanche un italiano in campo.

tumblr_m08miyJEHa1qfxktpo1_1280Serve una svolta, epocale, non solo per il nostro paese, ma in questa sede anche per il nostro campionato. Una svolta di mentalità, di chi comanda e di chi partecipa. Una svolta che riporti al top quello che era considerato il campionato più competitivo al mondo, quello che in un passato non troppo lontano ma che sembra un’era fa, ci faceva piangere, gioire, trepidare, emozionare, discutere, litigare…perché prima di tutto, contavamo ed eravamo fieri.

C’ERA UNA VOLTA IL CALCIO ITALIANO

IL PROFETA VAN GAAL

van-gaalC’era una volta il Profeta Maometto. C’è oggi un altro Profeta, nato nel 1951 ad Amsterdam, parla 4 lingue e si chiama Alysius Paulus Maria “Louis” van Gaal. Il mio allenatore preferito. Carisma, disciplina, personalità, preparazione, comunicazione, intelligenza. Serve altro per essere un allenatore? Con lui si: una propria filosofia.

Flessibilità, disciplina, lavoro di squadra, questi sono i tre punti chiave. Il collettivo prima del singolo, è il mantra della “Filosofia Van Gaal”. Ogni calciatore deve sapere quale posizione occupare sul rettangolo di gioco, come aiutare i propri compagni e come battere l’avversario. L’allenatore come ‘punto focale’ di un sistema aperto e modificabile sulla base delle qualità dei giocatori a disposizione, l’allenatore come leader spirituale di una squadra in cui la salute mentale è più importante di quella fisica. Stare bene psicologicamente è la base per stare bene atleticamente. Secondo Van Gaal le qualità dei calciatori (che devono essere intercambiabili, cioè adattarsi a più ruoli nello schieramento di gioco) vengono esaltate dal modulo tattico: è lui a proporre ai suoi calciatori le varie soluzioni per lo sviluppo della manovra di gioco. Loro, poi, ci mettono le singole qualità.

Van Gaal è un programmatore, un pianificatore, un organizzatore. Difficile chiamarlo per ottenere risultati nell’immediato. Con lui si cercano di aprire cicli. Per certi versi è un allenatore vecchio stampo. Con il suo famoso taccuino che custodisce gelosamente durante ogni partita, inverte i ruoli maestro-allievo: lui studia le caratteristiche dei giocatori e poi, solo poi, decide dove posizionarli in campo. Ama i giovani, anche perché tutte le sue squadre fanno della forza fisica, della dinamicità e dell’agonismo la chiave di volta di un sistema in cui, ovviamente, non può mancare la tecnica, da buon olandese. Giovani di belle speranze però: basta guardare le formazioni messe in campo durante le sue gestioni per capire che, il Profeta, sceglie sempre la ‘meglio gioventù’. Anche perché, non si può certo definire un allenatore semplice dal punto di vista caratteriale: autorevolissimo, testardo, onnipotente, l’Olandese Volante si è spesso scontrato con giocatori importanti perché ritenuti non idonei all’amalgama ed alla crescita del gruppo. Quindi alla sua filosofia.

fcb_2010_03_02_en,property=originalIl 3-3-1-3 dell’ Ajax Campione d’Europa nel 1995 contro il Milan (e finalista l’anno seguente contro la Juventus) è un esempio che sintetizza tutto ciò. Nel biennio sopracitato, Van der Sar, Frank e Ronald de Boer, Blind, Seedorf, Davids, Kluivert, Kanu, Litmanen sono i nomi illustri di una squadra che giocava applicando alla lettera la Filosofia del suo allenatore. Il modulo era congeniale alla capacità tattica di Blind e Frank de Boer, al dinamismo di Seedorf e Davids, alla classe di Litmanen, alle doti realizzative di Kluivert e Kanu. Il tutto condito da un portiere bravissimo con i piedi, che sapesse fare l’uomo in più in fase di possesso palla.

download (3)Nel Barcellona, Van Gaal arriva nel 1997, usa una disposizione in campo assai retrograda, spiegabile in un 3-2-3-2 che però esaltava le doti degli interpreti e saziava la voglia di spettacolarità del Camp Nou. Nonostante la cessione di Ronaldo e l’aver relegato Stoichkov alla squadra B, in due anni vince due campionati, una Coppa Nazionale ed una Supercoppa Nazionale, per poi dimettersi per ‘incompatibilità con l’ambiente’. Pretende, ed ottiene, che tutte le giovanili giochino come la prima squadra, in modo tale che a vari step, il giovane calciatore sia già pronto per ciò che vuole il tecnico della formazione maggiore. Koeman, Cocu, Luis Enrique e Guardiola saranno colori i quali trarranno i migliori benefici dagli insegnamenti dell’olandese, come giocatori e come futuri tecnici.

vangaalDopo 4 anni all’AZ Alkmaar, culminati con la vittoria in Eredivise, il 2009 è l’anno del Bayern Monaco: squadra ambiziosa, di prestigio internazionale, settore giovanile tra i migliori al mondo, organizzazione senza eguali, disponibilità economica. Partenza pessima, la peggiore dopo 43 anni, ma ambiente perfetto per un allenatore del suo livello e delle sue capacità. Basta dargli tempo. 4-2-3-1 la disposizione scelta, con Neuer primo regista della squadra, Demichelis il secondo, Schweinsteiger (sua invenzione) e Van Bommel i terzi. Classe e fantasia sulle fasce, con Ribery e Robben e con le spinte dei terzini, il dinamismo di Muller (sua scoperta), Mario Gomez finalizzatore. In fase di non possesso, pressing ultraoffensivo ma non più di 5 secondi consecutivi, linea difensiva alta, giocatori in grado di coprire un’area di 20 metri quadrati. Risultato? Bundesliga e finalista Champions contro la grande Inter di Mourinho (suo allievo nel Barcellona). Su questa stregua, Joachim Low ha impostato la Germania campione del mondo in Brasile.

imageProprio in Brasile, Van Gaal guida la nazionale di calcio olandese. Il sistema di gioco più congeniale agli orange è il 3-4-1-2. Dunque, tra critiche e dubbi, l’allenatore abbandona il canonico 4-3-3, andando contro il dogmatico schema di stampo olandese. Manca il centrocampista ad hoc da posizionare davanti alla difesa (Van Bommel a fine carriera e Strootman infortunato, De Jong pecca in fase di impostazione), manca un’ala destra capace di saltare l’uomo e creare superiorità numerica (Kuyt ha caratteristiche diverse). Ancora una volta, il Gruppo avanti a tutto. Nei quarti addirittura si va ai rigori e sostituisce il portiere Cillessen con Krul, che conferma la sua fama di para-rigori. L’Olanda comunque arriva terza, strapazza la Spagna; solida, compatta, senza troppi fronzoli. Illuminata da un terzetto d’attacco d’esperienza (Van Persie, Sneijder, Robben) e da una difesa che unisce fisico e velocità (Vlaar, De Vrij e Indi) la nazionale olandese esce solo ai rigori contro un’ Argentina nettamente favorita.

Ryan-Giggs-Louis-van-Gaal-Man-Utd-600x300Il presente dice Manchester United. Il compito, aprire una nuova era dopo quella di Sir Alex. Ora, c’è da dire che, anagraficamente, il compito è assai proibitivo. E non solo, visto che nel calcio, solo Ferguson ed i Red Devils hanno stipulato un matrimonio di 26 anni. Difficile poter arrivare a farsi erigere una statua davanti all’Old Trafford come per lo scozzese. Ma i punti in comune, e quindi le basi, ci sono. La personalità non manca, la preparazione nemmeno. La mentalità aperta è un suo marchio di fabbrica. Le scommesse sui giovani il suo punto di forza. Così come il non guardare in faccia nessuno. In più ha astutamente mantenuto Giggs nell’organico tecnico e fatto di Rooney il nuovo capitano. A Manchester sanno il fatto loro e dopo il disastro Moyes, il Choosen One non poteva che essere un allenatore del calibro dell’olandese. Uno che lascia il segno e che può fare la storia anche. Un Profeta.

IL PROFETA VAN GAAL

COME CAMBIA IL CALCIO

Tutti gli appassionati, sanno che il calcio è nato in Inghilterra.

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Formazione della Cambridge University

Dalle “Regole di Cambridge” del 1848 quando si sfidavano i college schierati con 10 alunni più un maestro, alle “Sheffield Rules” del 1857, anno in cui viene fondata la prima squadra di calcio della storia, fino al 1863, quando nella Free Mason’s Tavern di Londra (ancora oggi esistente presso il numero 81/82 di Longacre, Covent Garden) sorge la Football Association. Nel corso del tempo, il calcio è cambiato, si è evoluto, in termini tattici, tecnici e di business.

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Piramide

Tutto inizia con una piramide: 2 difensori, 3 centrocampisti, 5 attaccanti. La regola principale era il cosiddetto ‘kick and rush’, perciò grande forza fisica, grande tempra, poca tecnica, pochissima tattica. Addirittura 2 variabili: 1-1-8 made in England, 2-2-6 scozzese (incredibile la prima partita internazionale giocata nel 1872 tra le due rivali storiche e terminata 0-0 a Glasgow). La Piramide premia per 5 anni il Balckburn Rovers alla fine del XIX° secolo e dura fino agli inizi del ‘900, sbarcando addirittura in America e incoronando nel 1930 l’Uruguay campione del mondo .

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Sistema WM

Il Sistema WM di Herbert Chapman ed il Metodo WW di Vittorio Pozzo sono le due grandi risposte tattiche degne di nota. Il signore inglese che dominò per 5 anni la Premier con il suo Arsenal esalta la nuova filosofia del ‘carpet football’, quindi più tecnica, più tattica, più disciplina. Siamo negli anni 30 del XX° secolo. La palla rasoterra che giocano le squadre d’Oltremanica non convince in Italia, dove i giocatori sono meno tecnici. Il “metodismo” prevede che il gioco passi dal famoso centromedianometodista e che ci siano più verticalizzazioni e contropiedi. Con il metodo, per esempio, la Juventus vince 5 scudetti nel Quinquennio d’oro del 1935 e nel 1934 e ’38 l’Italia sale sul tetto del mondo.

Grande Inter
Catenaccio

Negli anni ’50, una grande rivoluzione arriva dall’Italia. Anzi, sarà quello che poi diventerà il vero marchio di fabbrica del calcio italiano che rivoluziona ogni sistema, metodo e quant’altro: il Catenaccio. Nereo Rocco ed Helenio Herrera i massimi interpreti. All’ombra della Madunina, il primo col Milan, il secondo con l’Inter, portano a casa complessivamente 5 scudetti, 4 Coppe dei Campioni, 3 Intercontinentali e 1 Coppa delle Coppe. Tornante, ala, mediano, regista, libero, stopper, parole che oggi riecheggiano soltanto come riflessi di un calcio che non esiste più ma che, inconsapevolmente, viene soprattutto riproposto in alcune squadre che lottano per la salvezza.

PELE & JAIRZINHO (7) CELEBRATE WINNING THE WORLD CUP FINAL FOR BRAZIL, 1970. CREDIT: COLORSPORT / SIPA / SVEN SIMON - UK USE ONLY
Pelè

Ma per conoscere il primo vero antenato del calcio moderno, in termini tattici, dobbiamo andare in Brasile, alla fine degli anni ’50: l’allenatore dei Verdeoro Feola schiera i brasiliani con un 4-2-4 che ancora oggi, seppur con i dovuti accorgimenti, viene praticato da molti club. Inizia la zona, sparisce il libero, spazio a tecnica, gioco in ampiezza, possesso palla. Davanti, la stella di Pelè è solo la ciliegina sulla torta di una squadra che annovera campioni quali Didì, Vavà, Garrincha e Zagallo e che gioca un calcio che, fino ad allora, non si era mai visto prima.

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Olanda 1974

L’impatto è talmente importante da regnare incontrastato per quasi 20 anni, quando il Calcio Totale dell’Olanda arriva come un fulmine a ciel sereno in termini tattici. Che sono inesistenti, visto che l’allenatore orange Rinus Michels crea negli anni ’70 il prototipo del calciatore moderno, che deve sacrificarsi per la squadra e che deve avere un acume ed un’intelligenza tattica al di sopra delle righe ed il prototipo del possesso palla di oggi, che parte largo fino a stringersi intorno all’area di rigore per poi penetrare con triangolazioni veloci. Una stra-zona che col fuorigioco sistematico ed il pressing altissimo produce un gioco spettacolare che solo il Milan di Sacchi ha saputo replicare, a distanza di quasi 15 anni, e non a caso con 3 olandesi: Gullit, Van Basten, Rijkaard.

Sacchi_scudettoSacchi ha infatti cambiato il sistema tattico del calcio italiano, e non solo. In molti si sono ispirati al suo 4-4-2 fatto di diagonali e fuorigioco, pressing a tutto campo con e senza palla. Soprattutto cambiano gli allenamenti, molto intensi e focalizzati sui particolari. Il Milan degli Immortali lo chiamavano. Come dargli torto? 1 Scudetto, 1 Supercoppa Italiana, 2 Supercoppe Europee, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali in 4 stagioni. Tutti i grandi del calcio hanno riconosciuto in quella squadra a cavallo tra gli anni ’80 e’90 la più forte dal dopoguerra in poi.

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Mourinho con il Real Madrid

L’ultimo grande cambiamento degno di nota, credo sia giusto incentralo su Mourinho. L’allenatore di Setubal, allievo di Louis Van Gaal, impara dall’olandese un nuovo sistema di allenamento, basato sulla tecnica e sulla performance. Rui Farias, vice di Mourinho al Porto, nel libro ‘Questione di metodo’ spiega in sintesi la filosofia di Josè: “non è importante che un calciatore percorra 60 metri in 7 secondi se poi non sa farlo con la palla tra i piedi”. Così dice l’Andaluso, tecnica e preparazione atletica votate alle situazioni di gioco. Soprattutto, un nuovissimo sistema di comunicazione, tra calciatori e allenatore, con l’idea di Club sopra ogni cosa. Per Mou la forma al top è fisica e, soprattutto, mentale.

Il calcio è energia, cambia, si trasforma, ma non cesserà mai di esistere. In questa piccola panoramica abbiamo visto come questo gioco abbia mutato la pelle, gli interpreti, gli ideatori, suscitando sempre grande interesse e grande passione. Dalle scarpe con i chiodi alle stelle miliardarie dell’era moderna, dalle arene piene di melma ai campi hi-tech, da completi a vita alta a maglie futuristiche che esaltano le visioni, noi siamo sempre qui, a parlare, ad informarci, a provare emozioni che solo noi footballaddicted possiamo conoscere.

COME CAMBIA IL CALCIO

SEMPLICEMENTE ROONEY

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Quale giocatore vorrei nella mia top team? Cristiano Ronaldo e Messi avrebbero, ovviamente, un ruolo di primo livello; ma ci sono giocatori, anche, che all’economia del gioco spesso giovano più delle grandi stelle del calcio mondiale sopracitate.

Uno di questi giocatori, a mio giudizio, è Wayne Rooney. Per chi come lui esordisce giovanissimo in Premier League prima e nazionale poi, è facile pensare che le porte del calcio che conta siano già aperte verso un radioso futuro; e se a soli 16 anni segni 6 gol in 33 presenze e l’anno dopo diventi il più giovane scorer della tua nazionale, beh, allora sì che sei nella posizione di poter oscurare il tuo predecessore ‘Golden Boy’ Michael Owen.

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Ma a differenza dell’ex Pallone d’oro, per chi come Wayne viene da Croxteth, sobborgo povero di Liverpool, e veste la maglia dell’ Everton, squadra antagonista dei ‘Reds’ di Anfield, niente è scontato, niente è dovuto. Sudore, fatica, lavoro sono le parole chiave che daddy Thomas ha usato per crescere il figlio, e che il figlio ha fatto proprie fin dai primi calci al pallone.

Perché 8,9,10? Basta vederlo giocare. Succede che un giorno, intorno alla fine del mercato estivo 2004, ti chiama un certo Sir Alex Ferguson che ti vuole al Manchester United, sull’altra sponda del Merseyside: a novembre prima doppietta contro il Newcastle (ah, prima rete contro gli acerrimi rivali dell’Arsenal). Semplicemente fantastico: già al secondo anno con i ‘Red Devils’, la maglia numero 10 sulle spalle: la maglia del fantasista, di colui il quale illumina il gioco. Perché lui è così, tecnica sopraffina, acrobazie incredibili (vedi il gol vittoria nel derby contro il City), passaggi da puro genio del calcio. In tutte le zone del campo, visto che Ferguson lo impiega a ridosso della prima punta e sugli esterni.

download (2)Succede che poi un signore chiamato Fabio Capello, allenatore della nazionale inglese, si accorge che a fronte di un continuo dispendio energetico che gli viene chiesto allo United c’è una grande media realizzativa (e di assist of course). Così gli dice durante i periodici ritiri con i ‘3 Leoni’: “sai che il maggior numero di reti viene segnato da dentro l’area di rigore?” Quindi, maglia numero 9 e ruolo di centravanti puro: semplicemente devastante. Perché lui è così, segna di testa, di destro, di sinistro, da vero rapinatore d’area. Nel 2014 segna la rete numero 100 con la nazionale.

Succede che addirittura, quando arriva sulla panchina del Manchester il Profeta Van Gaal per risollevare le sorti del club dopo il tracollo Moyes, il buon Wayne si ritrovi a giocare accanto a Carrick sulla linea dei centrocampisti; a dire il vero, già Ferguson lo aveva impiegato in quel ruolo, ma a scopo emergenziale, quando c’era da recuperare il risultato. Ecco il numero 8, quello dei mediani: semplicemente incredibile. Come quei centrocampisti che corrono, rincorrono, pressano, recuperano, coprono, e poi ripartono, passano, lanciano, tirano. Perché lui è così: grinta e leadership, intelligenza tattica e fiato da vendere.

Sacrificio, squadra, classe: i cardini su cui questo giocatore ha costruito la sua carriera, su cui è ancora forse il primo della classe, su cui sarà ricordato, e stimato, da tutti, vecchi e giovani. Alla fine del 2015 ha segnato 170 reti in 340 partite. Miglior marcatore della storia dei derby di Manchester. Perché lui è così, semplicemente straordinario. Semplicemente Rooney.

SEMPLICEMENTE ROONEY

IL CALCIO, LA NOSTRA FEDE

 

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Se il calcio fosse una droga, noi saremmo dei tossicodipendenti.

C’è poco da dire, in Italia, come in molti altri paesi, il calcio è lo sport più amato, più seguito, più… chiaccherato.

Perché se è vero che pendiamo dalla bocca degli allenatori che amiamo, se idolatriamo i calciatori che più ci piacciono, se spendiamo tra stadi, pay per view e merchandising tanti soldi, è anche vero che ci sentiamo un po’ tutti allenatori, direttori sportivi, dirigenti, opinionisti.

In ogni bar, circolo, sotto l’ombrellone d’estate, mentre siamo insieme, gira che ti rigira due parole sul calcio le spendiamo. Idee, punti di vista, discussioni e liti accendono gli animi, le fantasie e le emozioni.

Il calcio è così: o si ama o si odia. Noi lo amiamo. E scriviamo tutto ciò che vogliamo.

 

Benvenuti footballaddicted!

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